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I giochi da tavolo tra rivoluzioni, guerre e dittature

La storia, oltre che dai luoghi, è raccontata dagli oggetti di uso più o meno comune presenti nelle varie epoche, che compiono dei viaggi attraverso territori e culture subendone modifiche e adattamenti.

Cara Viaggiatrice, Caro Viaggiatore,
oggi vogliamo tentare di darti alcune suggestioni, primo motore ad ogni ricerca, scoperta e ad ogni mettersi in viaggio.
Vogliamo provare a raccontare la storia attraverso alcuni giochi “da tavolo”, punto di osservazione particolare che permette considerazioni insolite.

La comparsa di giochi come le carte, le trottole, gli scacchi o il backgammon, si perde nella notte dei tempi al punto da farli appartenere alla cultura praticamente di tutti i popoli di tutti i continenti, esportati da marinai, esploratori, mercanti o dai sapienti.

L’aspetto che tuttavia vogliamo considerare oggi è come e quanto fatti storici salienti possano condizionare il nostro tempo libero e, attraverso gli oggetti di svago, la nostra conoscenza dell’attualità.
Restringendo il campo all’arco cronologico che solitamente studiamo, guardiamo ad alcuni esempi di giochi riflesso di particolari momenti almeno europei.

Il Gioco dell’oca e la Rivoluzione francese

Iniziamo dal Gioco dell’oca, un sempreverde che ha attraversato quasi indenne gli ultimi tre secoli, punto saldo dei giochi per l’infanzia perché semplice nella struttura – a spirale di un percorso dall’esterno al traguardo posto al centro del foglio; coinvolgente negli ostacoli posti in caselle in cui la pedina del giocatore si imbatte seguendo i numeri estratti a sorte dai dadi.

Il Gioco dell’oca è di fatto un archetipo e questo spiega il proliferare di tabelloni ad uso e consumo dei suoi produttori, riportanti oltre alla casella “raddoppia punti” raffigurante l’oca, altre figure simboliche a piacimento.

Grande fortuna e diffusione questo intrattenimento lo ha avuto sulla scia della Rivoluzione Francese e delle gesta di Napoleone, imprese insegnate ed esaltate proprio nelle tabelle-percorso, opportunamente diffuse alle e dalle truppe in marcia. Non a caso nell’epoca della Restaurazione vennero emanate leggi duramente restrittive verso tali produzioni; tuttavia proprio l’800 coincide con una grande diffusione del Gioco dell’oca – in varie declinazioni come quello dedicato all’Affare Dreyfuss, dichiaratamente innocentista – fino a varcare il XX secolo.

Nella Prima guerra mondiale lo troviamo ad esempio tra i soldati italiani in chiave antiaustriaca e patriottica, oppure in chiave didattica sull’uso delle maschere antigas per l’esercito inglese.
Inevitabile poi il suo utilizzo propagandistico a favore delle imprese coloniali nel regime fascista, per tacere dell’uso ideologico durante la Guerra Fredda in funzione antisovietica e pubblicitaria pro consumismo.
L’avvento infine dei videogames ha certamente ridimensionato la diffusione del Gioco dell’oca, sempre meno popolare ma antenato di giochi oggi presenti in ogni ludoteca come il Monopoli e il Risiko.

Monopoli e il Risiko

Nel primo, nato nel 1935 negli Stati Uniti, i giocatori mirano al dominio (monopolio appunto) del mercato incentrato sulla proprietà terriera. Si vince facendo fallire i concorrenti e risente della politica imperialistica e dell’economia sempre più aggressiva dell’epoca.

Risiko nasce invece dopo la Seconda guerra mondiale, evoluzione di un gioco francese, e di quell’epoca riflette la totalità della guerra appena vissuta in Europa e delle sue ambizioni, infatti per vincere si deve conquistare l’intero pianeta con i propri carrarmati.

L’ultimo esempio di gioco condizionato nella sua diffusione –ma in questo caso non nel suo contenuto – dagli eventi dell’epoca contemporanea è il Mahjong (o Mah Jong), il popolare e meditativo solitario cinese.

Il gioco di tessere con illustrati diversi simboli (stilizzati o meno) da accoppiare fino al loro esaurimento, raggiunse un’ampia popolarità nell’800 varcando i confini del Celeste impero per approdare, con grande profitto, negli Stati Uniti dove tra l’altro l’immigrazione dall’Asia è sempre stata numerosa.

Proprio ai venditori di strada cinesi si deve la diffusione del Mahjong in Italia negli anni ’20 del Novecento. Questi, soprattutto nelle città di mare con un grande via vai di genti e merci, nelle pause dal lavoro vi giocano agli angoli delle strade suscitando grande curiosità, finché il commerciante ravennate Michele Valvassori, anche lui affascinato dalle tessere in avorio o legno, decide di produrlo per il mercato ludico.
La Seconda guerra mondiale però ne blocca la diffusione essendo un gioco non addomesticabile pienamente dalla propaganda di regime e perché in guerra non si comprano giochi ma viveri e si teme il domani.
Il Mahjong torna a nuova fioritura nel dopoguerra assieme alla voglia di riscostruire e, negli ultimi anni, è diventato sempre più popolare grazie a internet.

In questa rapida e superficiale carrellata della storia di alcuni giochi da tavolo abbiamo esemplificato la modalità con cui nelle varie epoche e fasi politiche, consapevolmente o per riflesso dei tempi, lo svago viene strumentalizzato e individuato come recipiente da colmare con i propri contenuti, insomma un mercato da occupare all’occorrenza. Se da un lato è scontato che ciò avvenga dall’altro non lo si tiene quasi mai in considerazione nelle ricostruzioni di contesti e nelle analisi di usanze, abitudini e interazioni fra popoli.

I giochi che si producono in tempo di guerra raccontano molto delle strategie politiche e culturali calate dall’alto e i giochi che si giocano in tempo di guerra raccontano ancora di più: di una quotidianità stravolta, nell’annullamento del tempo per se stessi.
Osservare la storia attraverso questa lente di ingrandimento permette di aggiungere un livello di comprensione ulteriore alla narrazione più asettica di eventi presente nei manuali scolastici o nelle biografie dei grandi protagonisti.

Tabellone Risiko Foto di Timo CC BY-SA 2.0

Tessere del Mahjong Foto di Rebecca Siegel CC BY-SA 2.0

Gioco dell’oca, Barcellona, XIX secolo CC BY-SA 2.0