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Gli “Altri”: il villaggio cooperativo della Pace

Cara Viaggiatrice, Caro Viaggiatore,

in Israele esiste un’esperienza di incontro e di dialogo di cui vorremmo raccontarti: l’esperienza di Wahat al-Salam/Neve Shalom, letteralmente “oasi della pace”.

E’ un luogo costruito nel paesaggio aspro e affascinante a sud di Gerusalemme, un luogo che, indipendentemente dai venti che spirano, porta avanti un percorso coraggioso quanto semplice di comunità.

Wahat al-Salam/Neve Shalom è un villaggio cooperativo, abitato da arabi palestinesi (musulmani e cristiani) ed ebrei, tutti cittadini di Israele (oggi gli arabi israeliani si definiscono palestinesi). Il nome – Wahat al-Salam in arabo, Neve Shalom in ebraico – è ispirato da uno dei libri di Isaia: “Il mio popolo abiterà in un’oasi di pace”.

Il villaggio fondato nel 1970 da Bruno Hussar – nato in Egitto nel 1911 da padre ebreo ungherese e madre ebrea francese, convertitosi poi al cattolicesimo divenendo prete domenicano e cittadino di Israele dal 1966 -, ha l’intento di dimostrare come la coesistenza pacifica tra persone considerate diverse sia possibile; di dimostrare come la convivenza sia una scelta che passa dalla reciproca conoscenza, dal reciproco rispetto e dalla volontà di farne progetto.

Un’esperienza tuttavia non elitaria, poiché sia la scuola sia l’asilo di Wahat al-Salam/Neve Shalom sono aperti anche ai bambini non residenti. Qui gli insegnanti, ebrei e palestinesi, fanno lezione ognuno nella propria lingua a tutti gli alunni in modo che gli studenti, oltre a conoscere la propria cultura e le proprie tradizioni, imparino quelle dei loro compagni e vicini di casa in maniera naturale.

All’interno del villaggio vengono inoltre organizzate visite guidate, progetti di volontariato, percorsi di formazione sulla risoluzione dei conflitti, aperti a chiunque voglia percorrere un po’ di strada con la comunità.

Il villaggio sorge nella valle di Ayalon, da sempre teatro di guerre. Venne fondato su un terreno in affitto dal vicino monastero di Latroun, luogo anche geograficamente significativo essendo alla stessa distanza (trenta chilometri) da Gerusalemme, Tel Aviv e dalla cittá palestinese di Ramallah.

Ci sono voluti anni e molto lavoro per rendere il villaggio effettivamente abitabile, poiché questi luoghi erano deserti fin dall’antichità. Nel 1977 sono arrivate le prime famiglie, ebree e arabe, convinte che la volontà di dare vita alla convivenza potesse essere di ispirazione ed esempio; consapevoli di quanto la collaborazione nella quotidianità fosse la chiave per superare sospetti e chiusure preconcette verso “l’altro” per eccellenza.

Il villaggio, in continua crescita, conta oggi 60 famiglie organizzate su base democratica: un segretario e una commissione sono eletti annualmente, si confrontano in assemblea dove vengono discusse e decise le questioni riguardanti la comunitá.

Wahat al-Salam/Neve Shalom non riceve finanziamenti esterni e non ha un’identità politica, aspetti essenziali sia alla propria autonomia sia alla possibilità di essere quanto più inclusivi possibile, avendo alla base unicamente la volontà di creare coesistenza e rispetto nelle differenze.

Ecco come mai oggi ti abbiamo portato in questa terra complessa e affascinante: per aprire una finestra su esperienze di cui raramente arrivano informazioni, poiché raccontare le guerre e la violenza è più di effetto – e più semplice da sintetizzare in poche immagini per la messa in onda dei telegiornali -, mentre raccontare un lavoro lento e paziente di costruzione è sicuramente più complesso.

Ma la scelta di dedicare la newsletter a Wahat al-Salam/Neve Shalom nasce anche da un desiderio che abbiamo come staff, ovvero evidenziare quanto le mete dei Viaggi della Memoria vogliano essere un’occasione di conoscenza e di approfondimento talvolta insolito.

Nel promuovere infatti il nostro tour in Israele (che partirà a luglio), abbiamo ricevuto alcune rimostranze sulla scelta della destinazione senza, probabilmente, che venisse data uguale attenzione al programma di incontri e percorsi guidati offerti all’interno della proposta.

Wahat al-Salam/Neve Shalom fa parte del programma di viaggio, tappa importante per rispondere in parte alle domande che ogni partecipante elabora sul presente e sul futuro di questo territorio ma, soprattutto, splendida fotografia di quanto si possa realizzare con l’ascolto e il rispetto, come dimostra la storia che ci hanno raccontato durante una visita guidata.

Alcuni anni fa si è celebrato nel villaggio il primo matrimonio fra una ragazza ebrea e un ragazzo arabo. Si erano già avuti matrimoni fra un’araba e un ebreo ma non viceversa e, nel caso del matrimonio appena annunciato, quando nascerà un figlio, se i genitori sono credenti si aprirà una questione delicata dato che per la religione ebraica si è ebrei se lo è la madre, mentre per l’islam è la religione del padre a dare la linea.

L’aspetto sorprendente dell’aneddoto non è tanto nell’unione quanto nel sorriso di chi ci stava raccontando la complessità. Si tratta di questioni quotidiane, naturali, che offrono nuove opportunità di crescita, sia come singoli che come comunità.

Proponiamo un viaggio in Israele per la memoria della Shoah e per scoprire nuove prospettive.

Dumia – Sakina: Centro spirituale pluralistico, Foto Istoreco CC BY-SA 2.0

Paesaggio da Wahat el-Salam/Neve Shalom, Israele Foto Istoreco CC BY-SA 2.0

Targa multilingue, Wahal al-Salam/Neve Shalom, Israele Foto Istoreco CC BY-SA 2.0